Avvocato
“Scusa ieri cosa ti ho detto? Domani ti pago…e domani ti pago!” diceva Totò, nella sua interpretazione di Ottone Degli Ulivi, detto Zazà.
O, come si sente ogni tanto dire, “a pagare e a morire c’è sempre tempo”, ma qualcuno avrebbe sicuramente da ribattere che “il tempo è denaro”.
Questi modi di dire largamente diffusi nel sentir comune spiegano in maniera efficace e diretta le dinamiche che si incontrano ogni giorno nei mercati e nei rapporti commerciali.
Non di rado, tra imprese tra cui intercorrono rapporti commerciali, si suole pattuire un termine di pagamento dilazionato, rispetto al momento in cui si riceve un bene o un servizio (i classici 30, 60 o 90 giorni). Questa prassi potrebbe facilmente rappresentare il detto che a pagare c’è sempre tempo.
Tuttavia, se l’acquirente non paga entro la scadenza pattuita, il primo detto perde certamente di valore, e subentra il secondo detto per cui il tempo è denaro.
Il codice civile prevede un particolare meccanismo, la c.d. messa in mora (art. 1219), con cui il creditore deve intimare il debitore, affinché paghi la somma dovuta, facendogli presente che da quel momento decorreranno gli interessi di mora al tasso legale (0,05% al 1° gennaio 2020).
Tale principio vale per qualsiasi rapporto di credito tra soggetti, pubblici, imprese, professionisti o normali cittadini.
Tuttavia, nei rapporti tra impresa e impresa, o tra impresa e professionista, è previsto un particolare regime che rende più semplice per il creditore il riconoscimento degli interessi di mora, e prevede l’applicazione di un tasso di interesse di molto superiore a quello legale.
La disciplina degli interessi di mora nelle transazioni commerciali è stata istituita con il D.Lgs. n. 231/2002, allo scopo di disincentivare i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, rendendo cioè per il debitore più gravoso ritardare il pagamento.
E’, infatti, proprio nell’ambito del commercio che i ritardi nei pagamenti possono avere effetti domino su intere filiere o settori, e sottrarre molte risorse finanziarie al creditore che, non riuscendo ad incassare i propri crediti, è costretto a ricorrere a finanziamenti bancari e a pagare interessi su tali finanziamenti.
Per contrastare tale fenomeno, il D.Lgs. n. 231/2002 permette al creditore di vedersi riconosciuti automaticamente gli interessi, senza dover mettere in mora il debitore, e ad un tasso ben più alto di quello legale. Infatti, mentre il tasso di interesse legale è oggi previsto a 0,05%, il tasso di mora nelle transazioni commerciali è pari a 8,00%.
Nella prassi commerciale capita che il creditore non conosca tale disciplina, e quindi non pretenda dal creditore ritardatario il pagamento, oltre a quanto dovuto, anche degli interessi di mora, oppure può avere difficoltà a calcolare l’importo degli interessi di mora da pretendere.
In internet sono facilmente reperibili programmi di calcolo di tali interessi di mora, ma ad esempio è necessario sapere da quale data far decorrere gli interessi, nonché conoscere bene le modalità di applicazione del D.Lgs. n. 231/2002, correndo altrimenti il rischio di chiedere un importo di interessi sbagliato e, di conseguenza, alimentando il contenzioso con il debitore.
Viceversa, il debitore che si vede richiesto il pagamento di una somma oltre interessi di mora per ritardato pagamento, se si trova nella situazione di voler pagare l’importo corretto o è in una fase contenziosa che riguarda la determinazione delle somme dovute, ha l’esigenza di verificare che l’importo preteso dal creditore a titolo di interessi di mora sia correttamente calcolato.
In conclusione.
Appare di immediata evidenza la convenienza per l’imprenditore della disciplina degli interessi di mora commerciali, tuttavia qualche problema può sorgere in relazione al calcolo dell’ammontare degli interessi dovuti e all’atto di intimazione nei confronti del debitore. È bene pertanto rivolgersi al commercialista e all’avvocato per farsi assistere nella fase del recupero del credito senza rischiare di commettere errori.
Guglielmo Cappello – dottore commercialista e revisore legale dei conti